DISTRETTO LIONS 108 Ia3

“La fatica dei giusti” nella giustizia italiana

“La fatica dei giusti” nella giustizia italiana

La conviviale con il vicepresidente del CSM Michele Vietti, ha affrontato i temi che ruotano intorno al dibattito sulla magistratura, dalle critiche di improduttività, ai mali che la paralizzano come l’arretrato e l’alto numero di nuove cause

In una conviviale molto partecipata che ha visto insieme i Lions Club Asti Alfieri, Cocconato-Montiglio-Basso Monferrato, Torino Superga e Torino Host nella prestigiosa sede dell’Hotel Principi di Pemonte di Torino, il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) Michele Vietti ci ha aiutato a fare chiarezza sulla Magistratura italiana, descrivendone le modalità di accesso, organizzazione, caratteristiche, evidenziandone le difficoltà ma anche sfatando alcuni miti in negativo, attraverso il racconto che è alla base del suo libro, pubblicato nelle battute finali dello scorso anno. Un volume in cui non mancano tutti i grandi temi caldi dell’attuale dibattito che investe il potere giudiziario trattati con il desiderio di tenersi lontano dalla partigianeria, ma partendo da fatti e cercando, dove possibile, di presentare possibili soluzioni, anche attraverso la descrizione delle buone prassi internazionali.

In tutta una serie di dati si evidenzia come la magistratura italiana non meriti alcune delle critiche che le si rivolgono.
Così emerge che i giudici italiani non sono scansafatiche: nel 2008, i civilisti hanno portato a termine circa 1 milione di cause in più rispetto ai colleghi europei considerati dal Rapporto Cepej 2010, ponendosi al secondo posto per produttività dopo i colleghi russi.
Semmai il problema, e sempre dati alla mano Vietti lo mostra in tutta la sua evidenza, è che le aule dei tribunali civili e penali sono invase ogni anno da un numero esorbitante di nuove cause, tanto che, nonostante la produttività superiore alla media dei giudici italiani, il saldo tra il ‘fatto’ e il ‘da fare’ rimane negativo. A questo si aggiunge l’enorme mole di arretrato che grava sul sistema: quasi 4 milioni di cause nel civile e 1,2 milioni nel penale (dati 2008), che fanno dell’Italia il primo paese, tra quelli considerati dal Rapporto Cepej, per numero di cause ancora pendenti.
Ogni anno arrivano sulle  scrivanie di giudici civili oltre 2,8 milioni di nuovi fascicoli e 1,2 su quelle dei penalisti. Ma da cosa deriva questa enorme richiesta di giustizia in Italia? Vietti fa un’analisi approfondita del problema tra cui la mancanza di sistemi di filtro in ingresso, l’orientamento culturale che vede nel processo l’unico sistema di regolazione dei conflitti, a tutta una serie di nodi organizzativi ancora da risolvere con le nostre circoscrizioni giudiziarie che risalgono all’Ottocento e “sono il frutto di un’economia agricola”.
“Mi auguro che la ‘fatica’ di Vietti – scrive nella prefazione Ernesto Lupo, primo presidente della Corte di Cassazione – contribuisca a indirizzare il dibattito politico verso la funzionalità del servizio-giustizia, nella consapevolezza che una certa tensione tra magistratura e poteri dello Stato (presente non soltanto in Italia) è fisiologica rispetto al ruolo di controllo esercitato dalla prima istituzione”. “Partire dalle indicazioni di Vietti – aggiunge il procuratore generale presso al Corte di Cassazione, Vitaliano Esposito nella sua postfazione al volume – potrebbe essere l’occasione per abbandonare sterili polemiche e fornire strumenti di lettura prima e di azione poi in grado di invertire la tendenza e consentire alla macchina della giustizia di ricominciare a funzionare, riportando l’Italia nel plotone di testa dei paesi europei”.


Michele Vietti, avvocato civilista, è stato eletto alla Camera per quattro legislature, ha svolto ruoli di governo ed è stato presidente delle Commissioni di riforma del diritto societario e fallimentare. Svolge attività di docenza presso diversi atenei. È vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura.